Un lombardo in Sicilia, Matteo Fontana e Ciccio Sultano

 

Matteo Fontana è responsabile della cucina di Le Cirque a Nuova Delhi. Il locale della famiglia Maccioni, che si trova all’interno del The Leela Palace Hotel, cinque stelle lusso, tra gli altri riconoscimenti ha conquistato quello di miglior ristorante europeo in India.
«Io – racconta Matteo Fontana – seguivo Ciccio Sultano fin da quando avevo quindici anni, sulle riviste e nei siti. Mi piaceva il suo modo di dosare tradizione e innovazione, di attualizzare il passato senza stravolgerlo, di conoscere il territorio e farlo suo.
Terminata la scuola alberghiera a Milano, tra la decina di ristoranti importanti a cui avevo mandato il curriculum c’era anche il Duomo. Ricordo perfettamente, quella telefonata i primi di settembre, alle dieci del mattino con, dall’altro capo del filo, il vocione di Di Stefano, socio allora di Sultano, che mi chiedeva se ero disponibile a un colloquio con lo chef.
«Naturalmente, risposi subito di sì, senza rendermi veramente conto che sarei stato catapultato, per la prima volta, fuori casa a millecinquecento chilometri di distanza. Avevo diciannove anni e stavo per iniziare la mia prima esperienza di lavoro, ma per formalizzare la cosa ci volle prima un viaggio di perlustrazione andata e ritorno in giornata, scortato da mia madre.
«Ho iniziato a settembre del 2009 e sono rimasto fino a gennaio del 2013. Appena arrivato, per necessità, mi sono dovuto misurare con gli antipasti. Fortunatamente, entravamo nel periodo invernale e, lavate di capo comprese, quelle con Sultano e Marco Corallo, sous-chef, potevo considerarle quasi delle lezioni private. Il segreto è stato di resistere alla tensione, farmi le ossa anche dal punto di vista emotivo. Ce l’ho fatta a differenza di altri che mollavano dopo poco. Tutto quello che ho imparato in tre anni e cinque mesi lo devo ad ambedue.
«La mia ammirazione per la cucina di Sultano dipende anche e soprattutto dal fatto che, allora più di adesso, in Sicilia si combinavano elementi positivi e negativi: da una parte un’esuberanza di prodotti formidabili e una cultura culinaria unica, dall’altra un atteggiamento critico nei confronti dell’alta cucina. Non tanto dal punto di vista qualitativo, ma da quello economico. Troppo cara rispetto al luogo comune della cucina casareccia, abbondante e a buon mercato.
«Sultano – continua Fontana – è riuscito a far quadrare il cerchio e a essere il primo in Sicilia a imporre una cucina di alto livello. Dimostrando così di essere oltre che un grande cuoco un vero imprenditore.
Prima di raccontare due miei piatti che riflettano l’esperienza formativa al Duomo, vorrei insistere sull’aspetto che considero più importante, cioè il rapporto virtuoso tra tradizione e innovazione. Ciccio Sultano ottiene un risultato originale, perché nel realizzare i suoi piatti, si concentra sul gusto, sulla composizione e sulle diverse consistenze di uno stesso ingrediente, pur continuando a preferire le tecniche tradizionali, ed evitando, tanto per intenderci, gelificazioni o sferificazioni. Questa è, secondo me, la cifra che lo contraddistingue.
«La ricetta che, oggi, mi descrive meglio è, senz’altro, il risotto alla quaglia brasata e funghi porcini, uovo di quaglia pochè e il suo petto.
Quella che, invece, mi pare più vicina al periodo siciliano è spaghetti freschi in salsa di burro e alici, erbe limoncine e pane cunzato. Una piacevole contaminazione tra il mio retroterra lombardo e l’Isola.
La stessa che mi sono fatto tatuare sul braccio sinistro e dove, prima o poi, tornerò per lavorare e magari per viverci».

Ciccio Sultano
mente pratica