Sultano risponde a Fernanda Roggero (Sole 24Ore)
Sultano risponde a Fernanda Roggero (Sole 24Ore)
Tradizione e innovazione sono aspetti che convergono nella tua storia e nella tua idea di cucina. È così?
Rispecchia in pieno ciò che vivo ed è ciò che ogni cuoco ovunque si trovi dovrebbe vivere. Ho sempre paragonato l’incontro tra tradizione e innovazione al modo che la terra e il mare hanno di accarezzarsi. Il punto in cui si toccano è la battigia. Per fare qualcosa di veramente nuovo bisogna saper tradire la tradizione e sottolineo sapere.
Come cuoco il mio mestiere è di camminare a piedi nudi sulla battigia.
Pienezza di gusto e rigore tecnico, sontuosità barocca e ricerca, sperimentazione. Sei una sintesi di tutto questo o hai deciso di imboccare nuove strade?
La strada è sempre la stessa, non è cambiata la visione, però si cresce, si matura e, a mano a mano, si diventa più essenziali.
Lavoro per sottrazione, una scelta che non ha nulla a che vedere con la privazione. Non potrei fare nulla che si accompagnasse a un sentimento di privazione. Non sarebbe nelle mie corde. In altre parole, sono uno che va controcorrente, seguendo una corrente: quella siciliana.
Quanta Sicilia c’è nei tuoi piatti?
Se non fossi siciliano non sarei cuoco.
Un cuoco deve sempre esprimere il suo genius loci? È necessariamente testimone del suo territorio? Tu che cucina faresti a Milano o a Londra e perché non hai aperto fuori dall’isola?
Si, penso che il genius personale corrisponda al genius loci. Ringrazio il cielo di essere nato qui e non in Lombardia, perché avrei avuto qualche problema. Il discorso cambia per quanto riguarda la cucina londinese che non è una cucina qualsiasi. Mi piace la sua visceralità, nel senso letterale del termine; è gente che sa gustare sia l’esterno sia l’interno.
Un po’ di storia, tu non sei figlio d’arte, perché hai deciso di fare questo mestiere? c’è qualcuno a cui ti sei mai ispirato?
Perché a tredici anni mi è entrato nel sangue e non ne sono più guarito. Ispirato? Soprattutto a me stesso. E pensare che avevo spedito il mio curriculum a Vissani e a Marchesi e nessuno dei due mi ha mai risposto.
Quando si parla di cibo, di fine dining c’è sempre in primo piano il cuoco ma chi conosce questo mondo sa che mai come qui la condivisione, la partnership è essenziale. Chi accanto a te è stato o è essenziale? Finalmente si comincia porre l’accento anche sulla sala…
In generale, i miei partner ideali sono la Sicilia e i siciliani. In un elenco più personale, metterei Angelo Di Stefano, l’ex socio, Gabriella Cicero, la mia personalissima e intransigente general manager, Giuseppe Cannistrà, socio de I Banchi, Marco Corallo, braccio destro al Ristorante e Giuseppe Di Franca, direttore di sala. Un bel pacchetto di mischia.
Da uno a dieci: quanto contano gli ingredienti, quanto le tecniche?
Se la matematica non è un’opinione, direi che in certi casi conta un po’ di più la tecnica e in altri gli ingredienti.
Che legame hai con i tuoi produttori? Sei un fan del chilometro zero?
Un rapporto di stima e lealtà. Non si tratta solo di scegliere il meglio, ma di difendere il loro lavoro e di conseguenza il mio.
Km 0? Per me esiste la Sicilia con tutti i suoi 25.000 chilometri quadrati di sapienza agricola e culinaria. Ricordiamoci che la centralità dell’Isola ha favorito l’arrivo di prodotti e merci dal resto del mondo. La Sicilia è un’isola continente.
Tu non vai molto in tv: una scelta dettata da cosa? I talent possono avere un senso o è giusto demonizzarli?
Un’assidua presenza in tv non rientra nel mio programma di vita. I talent, poi, vanno guardati come si guarda una telenovela.
Di giovani, tra Duomo e Banchi ne vedi tanti: che approccio hanno, cosa si aspettano da questa professione e quanto sono preparati? Cosa gli trasmetti tu e come?
Una precisazione. Il Duomo, ora, si chiama semplicemente Ristorante Ciccio Sultano. Noi facciamo molta selezione. Posso dire che quelli che stanno in una fascia di età tra i 25 e i 35 anni, dal punto di vista professionale, sono in ritardo mentre quelli tra i 18 e i 25 anni hanno tutt’altra grinta.
Cerco di tramettere il rispetto per tutto quello che comprende la cucina: dagli utensili alle persone, alle situazioni. Chi non impara a ubbidire non potrà comandare.
Vorrei, però, aggiungere, che non si può fare bene questo mestiere, preoccupandosi solo di essere seri, bisogna anche godersi la vita.
Qual è stata la tua esperienza di tavola indimenticabile?
Due esperienze diverse, ma straordinarie: alla tavola rustica del massaro Gulino, l’ultimo vero allevatore ragusano di razza Modicana rossa, straordinario produttore di ricotta e formaggi e da Massimiliano Alajmo. In ambedue i casi, percepisci la felicità di fare quel che fanno.
Ciccio Sultano
mente pratica